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  • Efesini 5, 2

    di Paolo Ribet

    «Camminate nell’amore come anche Cristo vi ha amati
    Nota Paolo Ricca che oggi le chiese guardano molto alla “confessione di fede” e che colui che aderisce ad una chiesa viene definito un “credente”, mentre forse sarebbe più corretto definirlo un “amante”. Se le chiese, conclude Ricca, avessero saputo e voluto affiancare alla loro “confessione di fede” una “confessione di amore” e una “confessione di speranza”, la storia sarebbe stata sicuramente diversa. Queste osservazioni, benché siano volutamente provocatorie, vanno prese molto sul serio.

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  • Geremia 2, 13

    di Paolo Ribet

    «Il mio popolo ha commesso due mali: ha abbandonato me, la sorgente d'acqua viva, e si è scavato delle cisterne, delle cisterne screpolate, che non tengono l'acqua
    Il profeta Geremia usa una immagine molto efficace, che sarà utilizzata anche da Gesù: Israele ha lasciato Dio, la fonte di acqua viva, per scavarsi cisterne screpolate, che non tengono l’acqua. Egli ci invita dunque a lasciare la religiosità stantia per la freschezza della fede animata dallo Spirito. Siamo chiamati a vivere l’evangelo della grazia di Dio, diventando testimoni e portatori nel mondo in cui siamo immersi di quell’amore che in Cristo abbiamo ricevuto abbondantemente.

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  • II Corinzi 3, 17

    di Paolo Ribet

    «Dov’è lo Spirito del Signore, lì c’è libertà».
    Più ci penso e più me ne convinco: la ricorrenza del XVII Febbraio non può esse considerata semplicemente la “festa dei Valdesi” o degli Evangelici italiani. Certo, il 17 Febbraio del 1848 il re Carlo Alberto ha firmato le Lettere Patenti con cui venivano concessi i diritti civili ai Valdesi (e, qualche tempo dopo, anche agli Ebrei). Ma il valore di quell’atto va al di là delle sole vicende valdesi e riguarda l’Italia intera. Infatti, quando un popolo impone ad una sua componente minoritaria dei limiti, delle restrizioni alla libertà e chiude i cancelli dei ghetti (di qualunque tipo essi siano: fisici, morali o legali), chiude di fatto se stesso in una gabbia fatta di paure, di preconcetti, di oscurantismi e di violenza.

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  • Isaia 55, 11

    di Paolo Ribet

    «La mia parola non torna a me a vuoto»
    Nella storia della prima evangelizzazione, subito dopo il 1848, c’è un fatto che mi è sempre rimasto impresso: i Valdesi seppero intraprendere l’opera di predicazione dell’Evangelo non solo con un’energia fino ad allora insospettabile, ma anche con profonda chiarezza teologica. Infatti, il Sinodo del 1855 votò un ordine del giorno che può portare ancora oggi un insegnamento profondo. In esso si affermava: «Il Sinodo, desiderando prevenire ogni malinteso sul carattere dell’opera di evangelizzazione fatta dalla Chiesa valdese, dichiara all’unanimità: il solo scopo della Chiesa valdese nell’annuncio del Vangelo fuori dal suo ambito è di obbedire all’ordine del Signore: “Predicate il Vangelo a ogni creatura” e di condurre le anime alla conoscenza e all’obbedienza di Gesù Cristo. Di conseguenza essa non ha alcuna pretesa d’imporre loro una forma ecclesiastica». 

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  • Salmo 8, 3-4

    di Paolo Ribet

    «Quand'io considero i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai disposte, che cos'è l'uomo perché tu lo ricordi? Il figlio dell'uomo perché te ne prenda cura?»
    «L’uomo non è che una canna, la più fragile di tutta la natura; ma è una canna pensante. Non occorre che l’universo intero si armi per annientarlo: un vapore, una goccia d’acqua è sufficiente per ucciderlo. Ma quando l’universo lo schiacciasse, l’uomo sarebbe pur sempre più nobile di ciò che lo uccide, dal momento che egli sa di morire, e il vantaggio che l’universo ha su di lui; l’universo invece non sa nulla». Queste parole di Blaise Pascal, contenute nei suoi «Pensieri», danno il senso della potenza e della meraviglia che sgorgano dal Salmo 8.

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